Una riforma alle porte: le Case della Comunità

9 settembre 2021

La pandemia ha messo ancora più in luce come le politiche sanitarie volte a privilegiare le strutture ospedaliere complesse a discapito della Medicina territoriale abbiano in molti aspetti fallito. Il processo di "smantellamento" della medicina territoriale, specialmente in Lombardia (in particolare consiglio l'ascolto dal minuto 1h.17min), è un processo iniziato oltre vent'anni fa e precisamente nel 1997 con l'apertura del Sistema Sanitario Regionale ai privati che poterono concorrere, inizialmente alla pari e successivamente con notevoli vantaggi, con le strutture pubbliche.

Sono stati successivamente smantellati i distretti socio-sanitari, i poliambulatori pubblici sono stati depotenziati e, in molti casi, come a Vimodrone, aboliti, le liste d'attesa sono state progressivamente "scientemente" allungate, sono state introdotte le "Aziende ospedaliere", termine più finanziario che sanitario. 

Ciononostante la maggioranza (non tutti, ma la maggioranza) dei Medici di Famiglia (parlo perlomeno per i colleghi di Segrate e Vimodrone di cui sono coordinatore) ha seguito e curato i propri pazienti con impegno e dedizione affrontando un carico di lavoro che non è più tornato e tornerà come prima (basti pensare agli sforzi legati alla vaccinazione: da 9 mesi quotidianamente ricevo richiesta le di chiarimenti sui vaccini), basti pensare all'immediatezza della comunicazione telematica che il paziente ha sperimentato e non intende più perdere, basti pensare a tutto il lavoro burocratico che le strutture amministrative (ATS, ASST, INAIL...) non eseguono più (avete provato a prendere un appuntamento allo sportello ATS??!?).

Ora ci troviamo di fronte a una nuova importante svolta, favorita dalle risorse destinate al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Ci sarebbero le potenzialità per una riforma epocale, ma il timore è che si rischi di perdere l'occasione e anzi peggiorare ulteriormente le cose. E tutto avviene sotto traccia, in un silenzio interrotto solamente da qualche articolo di giornale qua e là. A noi operatori sanitari pubblici nessuno ha comunicato o intende comunicare nulla.

Il fulcro del progetto illustrato nel PNRR sono le cosiddette "Case della Comunità" (CdC):

“La Casa della Comunità - si legge nel PNRR - sarà una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e potrà ospitare anche assistenti sociali”

Le CdC saranno quindi dei poli sanitari accentratori ed è previsto che ve ne sia una ogni 50.000 abitanti, un'unica struttura dove convogliare tutti i cittadini di Segrate e Vimodrone, per intenderci.

L'ipotetica CdC di Segrate-Vimodrone, dovrebbe quindi diventare il punto di riferimento per tutti i cittadini che dovranno lì recarsi per i loro bisogni di salute "primari" (per le altre necessità vi saranno gli Ospedali di Comunità e le grandi strutture ospedaliere): dalle visite specialistiche, alla fisioterapia, alla "semplice" visita col Medico di Famiglia o Medico di Medicina Generale (MMG). L'obiettivo è quello di ridurre gli accessi impropri ai Pronto Soccorso e non "sovraccaricare" gli ospedali, gli stessi ospedali sui quali la Lombardia ha puntato moltissimo negli ultimi 24 anni (v. sopra).

Ora, risulta evidente come tutto ciò sarebbe una vera rivoluzione. Rimanendo in ambito della Medicina di Famiglia, per i MMG, attualmente liberi professionisti (e quindi indipendenti) convenzionati col SSN (e quindi pubblici), si configurerebbero tre ipotesi:

1)- diventare subito dipendenti del SSN; 

2)- scegliere (essere incentivati) di passare alla dipendenza; 

3)- divenire subordinati a forme di accreditamento per la gestione delle CdC, con il privato profit o no profit (cooperative).

La prima opzione pare impossibile: di punto in bianco lo Stato dovrebbe dotare 60mila professionisti di locali idonei, attrezzati con PC, arredamento, strumentazione standard, auto aziendale, assicurazioni varie, ecc. con costi e problemi logistici proibitivi.

La seconda ipotesi è più probabile perchè il completamento delle CdC andrebbe avanti in parallelo con il ricambio generazionale quinquennale (a proposito c'è già carenza di MMG!!) e si avrebbe più tempo per finalizzare il tutto.

La terza ipotesi è poco probabile nell'immediato perchè presuppone il funzionamento a regime di tutta la rete di CdC da affidare ai Gestori esterni. Per di più configura una tipica esternalizzazione, con immancabile precarietà per medici e infermieri reclutati a rapporto orario e con partita Iva.


Tutte le ipotesi devono fare i conti con due problemi non da poco: 

1- nessuna delle tre può garantire la copertura di tutto il territorio nazionale. In molti casi verrebbero meno l'accessibilità, la medicina di prossimità, l'equità di accesso, la lotta alle diseguaglianze...

2- l'enorme carenza di personale sanitario. Mancano i medici! E ancora di più ne mancheranno fra 5-9 anni!! E nessun governo ha voluto porvi rimedio (ormai è tardi: per formare un medico, MMG o specialista che sia, occorrono 10 anni). Mancano anche gli infermieri.


Se fin qui abbiamo ragionato con una logica finanziario-organizzativa, il nodo cruciale è che si rischia fortemente di passare definitivamente da una Medicina della persona, sartoriale, a una Medicina dell' "individuo-numero", da grande magazzino, in cui il MMG, oltretutto, passa da quello di sarto a commesso.

Una organizzazione poco oculata rischia infatti di far scomparire il rapporto fiduciario: il paziente, cioè, non avrebbe più il suo medico di fiducia, ma potrebbe doversi troppo spesso rivolgere ad altri professionisti.

Il medico, dal canto suo, verrebbe limitato nella sua indipendenza e autonomia di ragionamento, non risponderebbe più solamente al paziente, rischierebbe di ritrovarsi con occupazioni meramente esecutive e non di pensiero.


In conclusione: il PNRR ci offre ingenti risorse e un buono spunto di riforma della Medicina territoriale; che tale riforma sia necessaria è innegabile, che questa debba avvenire perdendo progressivamente la capillarità e diffusione degli studi medici, interrompendo il rapporto fiduciario, con un'estrema carenza di risorse umane, con l'introduzione di una gestione di privati...

...beh se questo dovrà essere il triste destino della Medicina di Famiglia rivolta ai pazienti, certamente io non contribuirò a scriverlo.

Cari pazienti, occorre vigilare: solo voi potrete salvare i medici e il SSN.