La ricetta elettronica

Dal primo marzo 2016 è attiva la ricetta elettronica.
L'hanno detto al telegiornale e perciò deve essere vero. Per la verità, la direttiva era già in funzione da dicembre 2015 e recepisce una norma di tre anni fa.
Con la ricetta elettronica, che si è tentato di chiamare anche "dematerializzata", si dovrebbe dire addio all'attuale ricetta "rossa" per far fluire i dati dal medico direttamente in farmacia.

Vediamo come dovrebbe funzionare:
il medico, collegandosi a un sistema gestito da Sogei, si autentica e, inserendo i dati del paziente, prescrive il farmaco desiderato, firma la ricetta e la invia direttamente in farmacia.
Al paziente tuttavia, viene ancora consegnato un promemoria cartaceo "bianco" che egli dovrà consegnare in farmacia, per far fronte ad eventuali malfunzionamenti del sistema e per offrire al farmacista un pezzo di carta sul quale incollare le fustelle (!).
Più che dematerializzata si tratta quindi di una ricetta "decolorata".

La ricetta elettronica non è ancora attiva per visite ed esami e non è praticabile nemmeno per alcuni tipi di farmaci. Per queste prescrizioni è utilizzata ancora la classica ricetta rossa.
A fronte dei presunti vantaggi per i pazienti (possibilità di ritirare i farmaci tutte le farmacie del paese, possibilità, in linea teorica, di invio della ricetta via mail) ci sono "piccoli" disagi per il medico in termini di tempo, stress e quant'altro. Ma questo è un discorso che importa poco.
Con la ricetta elettronica vi è poi inevitabilmente un'immissione in rete di grandi volumi di dati sensibili senza precise garanzie di riservatezza.
A degli occhi sospettosi, appare inoltre come un utile strumento da parte dei revisori di spesa per controllare le prescrizioni del medico, nel tentativo magari, un domani, di limitarle.